La nostra storia

Augusto Satolli

La nostra storia,  comincia da molto lontano, affondando nell’ultimo scorcio dell’Ottocento, quando a Roma nasce Angelo Satolli, bisnonno di Roberto: da quella data, la clessidra girata dalla vita di un umile ragazzo di origine umbra comincia a sgranare uno dopo l’altro i suoi granelli. È il 1892.

Il capostipite

La famiglia di Angelo viene da Spina, una piccola frazione del comune di Marsciano, in provincia di Perugia. Quando il padre, ancora giovane muore, il ragazzo va a bottega e impara il mestiere di orologiaio. A quel tempo, i commercianti partono dall’Abruzzo diretti a Roma per far riparare gli orologi e così, nel 1908, quando ha solo sedici anni, Angelo decide di trasferirsi a Chieti in cerca di fortuna: «Mio nonno è stato per anni il punto di riferimento degli orologiai abruzzesi, da lui sono nate numerose generazioni di orologiai, perché gli apprendisti arrivavano da tutta la regione nella sua bottega di via dello Zingaro».



La prima orologeria Satolli a Cattolica

A Chieti, Satolli sposa Caterina Arnaudo: dalla loro unione nascono Cesare e Augusto, entrambi destinati a seguire le orme paterne, e Rita. A metà degli anni Trenta, però, un grave furto lascia la famiglia senza risorse e la costringe a emigrare a Bologna. Alla fine della guerra, i Satolli si spostano a Cattolica, dove risiede Giuseppe Pesaresi, che era stato apprendista a bottega. Ha una sorella, Anna Maria, che diventa la moglie di Augusto: da loro, nel 1947, nascerà Angelo. Per anni la nostalgia manovra sottotraccia, finché, nel 1952, la famiglia torna in Abruzzo. Il vecchio Angelo lavora per un paio d’anni per Renato Di Fonzo, un ex allievo, e per suo fratello Alberto, poi decide di riaprire bottega a Chieti con il figlio Cesare, in un locale dietro a piazza dei Templi romani. IL NEGOZIO A PESCARA Augusto  resta a Pescara dove, nel 1964, apre un negozietto di riparazioni in via Galilei 19. Al figlio Angelo, però l’idea di proseguire il lavoro paterno non va giù. Si è diplomato perito meccanico e decide di tornare a nord a caccia di un futuro diverso. Viene assunto da una ditta elettromeccanica, la Ercole Marelli, ma il destino che si è annidato dentro i meccanismi della sua vita si aziona poco dopo il suo arrivo in Lombardia: «Era il 1969, e con il mio stipendio da apprendista non arrivavo lontano. A questo si aggiunsero gli scioperi dell’autunno caldo e allora andai a cercare lavoro in una vecchia gioielleria di Sesto un po’ in disarmo» racconta. Là sul banco riemergono le conoscenze di centinaia di ore passate a osservare il nonno, il padre e lo zio seduti al suo banco a lavorare con lo sguardo attento e le dita abilissime. «La gioielleria riprese fiato: i clienti venivano per le riparazioni e compravano oggetti in oro. Fu un periodo bello: costruii assieme a un collega di lavoro un banco che ho ancora, che oggi è un supporto per un tornio e un trapano». A Francavilla, dove la famiglia ha sempre abitato, Angelo intanto ha conosciuto Dora Di Credico: si sposano nel 1970 e lei lo raggiunge a Milano. Ma nel 1975 decidono di tornare. Tre anni prima è nato Roberto, uno dei loro tre figli, con Daniela e Sara: è lui che raccoglierà la sua eredità.


Augusto Satolli in una foto storica

Pane e lancette

«A casa si respirava aria tecnica» racconta Angelo, «quando ci si ritrovava a pranzo, ognuno parlava del problema che aveva incontrato per capire quale fosse la soluzioni migliore.  Nel 1976 nasce al numero 8/1 di via Galilei la «Satolli Augusto e figlio». A Chieti, dopo la morte del nonno nel 1968, è Cesare che porta avanti l’attività, chiusa poi una decina d’anni fa alla sua scomparsa.


La ditta diventa centro assistenza Zenith (fino al 2000), poi si aggiunge la Paul Picot.Dopo il liceo scientifico e il militare,  Roberto, è tentato a cercare un lavoro diverso, ma già la passione cova in lui e si addentra nel mestiere di famiglia. «Ho cominciato a 23 anni, e la passione per questo lavoro è aumentata sempre di più. Sono particolarmente portato per il restauro: mi piace far rivivere gli oggetti che hanno segnato il tempo per tanti anni, vedo l’aspetto artistico di orologi che sono veri e propri pezzi d’arredamento. Bisogna ricostruire pezzi perduti, ci sono le casse da restaurare. E mi piace la creatività che bisogna usare per risolvere un problema in modo nuovo, o per costruire nuovi attrezzi».


Angelo e Roberto Satolli con Dora Di Credico

Il nuovo laboratorio

Comincia col padre poi nel 2000, con il prestito d’onore apre lungo corso Vittorio «La bottega del tempo», che nel 2009 si fonde in un’unica ditta con quella paterna e diventa Orologeria Satolli. Il loro lavoro consiste soprattutto nel ridare vita a pezzi pregiati: orologi da polso, da tavolo o pendole che segnano il tempo da decenni, talvolta da secoli, come il prezioso orologio viennese dell’Ottocento che Roberto sta riparando: «Suona le ore e i quarti d’ora, e per farlo ha moltissime leve: a quel tempo, senza l’energia elettrica, era importante sapere durante la notte che ora fosse».

Riconoscimento attività Storica di Pescara

Per molti clienti, il rapporto con il tempo è ancora quello di duecento anni fa: «Spesso ripariamo pendole per persone anziane e finché l’orologio è da noi, loro non riescono a dormire perché soffrono a non sentire i rintocchi».

È un bisogno vitale, come ascoltare il battito del cuore. Così come lo è trasmettere il ricordo, facendo passare l’orologio dal padre, al figlio, al nipote. «Due settimane fa» racconta Roberto, «è venuta una signora a lasciare un orologio da polso, appartenuto al marito che non c’era più: lei ha voluto ripristinarlo com’era per regalarlo al fidanzato della figlia, ma ha voluto tenere per sé il vecchio cinturino. Questo capita spesso». Nelle botteghe del tempo, in fondo, il tempo è ciò che conta meno: «Da alcuni mesi ho un Universal Geneve che è stato acquistato su Internet, è un prototipo da diverse migliaia di euro, di proprietà di un collezionista. Aveva molti problemi, ho dovuto smontarlo e rimontarlo decine di volte: ora è quasi pronto, ma stiamo cercando il vetro sul mercato europeo. Non è il tempo che importa. Oggi il tempo si misura in nano-secondi, ma questo è il presente: noi ci occupiamo del tempo passato».